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Il W della farina: cos’è e come si calcola

Approfondimenti
W farina

Che W ha questa farina? Ecco la domanda che, a torto o a ragione, si sente rivolgere il mugnaio con maggior frequenza!

Per apprezzare l’importanza che viene riconosciuta a questo valore, basta navigare nel web ed entrare in uno dei tanti blog di appassionati di arte bianca. Come abbiamo avuto modo di precisare nella nostra guida sulla scelta della migliore farina, questa viene caratterizzata in base ai cosiddetti “valori reologici” e il W è uno di questi… Ma allora perché nel corso della storia ha assunto un significato più emblematico rispetto agli altri valori? E il W è davvero sufficiente a descrivere le caratteristiche di una farina?

Ecco le riflessioni che ci hanno spinto a scrivere questo articolo, nel quale spieghiamo che cos’è il W di una farina, come si misura e qual è il significato fisico di questo parametro.

 

Storia e origini delle analisi sulle farine: come si è giunti ai valori reologici

L’evoluzione della molitura del frumento ha conosciuto un impulso importante nel corso del XIX secolo, trainata da importanti innovazioni quali il moderno laminatoio ed il plansichter, come raccontiamo anche nel nostro articolo sulla macinazione a pietra.

Queste invenzioni, abbinate allo sviluppo delle prime industrie alimentari di prodotti da forno, hanno reso necessaria la definizione di tecniche di analisi che consentissero ai mugnai di produrre farine di qualità elevata e costante.

Parallelamente, la scienza dell’epoca era molto interessata allo studio di tecniche di indagine dei materiali e illustri studiosi, come ad esempio Newton, diedero il loro fondamentale contributo sin dal XVII secolo. Circa 200 anni dopo, verso la fine del XIX secolo, altri uomini di scienza, tra i quali Maxwell e Kelvin, si concentrarono nel definire una nuova proprietà dei materiali, la viscoelasticità, che caratterizza il comportamento di materiali aventi proprietà intermedie a quelle dei corpi elastici e dei fluidi, proprio come molti impasti a base di farina di grano tenero.

In questo panorama si innesta il lavoro di Marcel Chopin (da non confondersi con il celebre compositore Frédéric) che nel 1920, presso i Grands Moulins Vilgrain di Nancy, ideò e brevettò una macchina per analizzare le caratteristiche degli impasti, chiamata estensimetro. Qualche anno più tardi, nel 1927, Chopin scrisse un articolo scientifico sulla correlazione tra l’energia necessaria a deformare un impasto e le sue qualità in panificazione e, nel 1937, brevettò una particolare impastatrice che consentiva di formare ed estrarre un impasto al fine di poterne testare le caratteristiche. Dall’applicazione della nuova impastatrice all’estensimetro nasce l’alveografo di Chopin: da allora il mondo dei molini e della panificazione poté sfruttare dei parametri numerici oggettivi, detti “valori reologici”, come guida per valutare la qualità delle proprie produzioni.

Chopin
Figura 1. Marcel Chopin. Fonte: “Cinquante années de recherches relatives aux blés et a leur utilisation industrielle”, Marcel Chopin, Boulogne, France, 1973.

 

Oltre i confini dell'arte bianca

Gli studi di Chopin assumono un’importanza tale da andare ben oltre i confini del mondo dell’arte bianca. Infatti, otto anni dopo i primi brevetti del fisico francese, nasce una nuova scienza che si occupa di studiare analoghe grandezze fisiche, chiamata “reologia”, i cui principi si applicano tuttora a vasti campi del sapere scientifico, come ad esempio alla fluidodinamica, per i processi di lubrificazione, ed in medicina, per l’analisi delle condizioni di scorrimento del sangue.

 

L’alveografo di Chopin: ecco come funziona

L’alveografo di Chopin è una macchina essenziale nel laboratorio di un molino e non vi è mugnaio europeo, soprattutto se francese o italiano, che non conosca questo apparecchio. Essa è costituita da 4 componenti fondamentali:

  1. Un’impastatrice per la preparazione dell’impasto da analizzare
  2. Una piccola cella a temperatura controllata per il riposo dei campioni
  3. Lo strumento di misura, ossia l’alveografo propriamente detto
  4. Un registratore della curva di misura
alveografo
Figura 2. Le quattro componenti dell’alveografo di Chopin presente nel nostro laboratorio di analisi.

 

Il principio di funzionamento è piuttosto semplice: si preparano dei dischetti di impasto servendosi dell’impastatrice (1), li si fa riposare nella cella (2) per un periodo preimpostato ad una temperatura controllata e, servendosi dell’Alveografo (3), si fanno gonfiare i singoli dischetti grazie ad un flusso d’aria calibrato. Quello che si vuole simulare è la deformazione che l’impasto subisce sotto la spinta gassosa che si origina durante una comune lievitazione. Ciò che si va a misurare è la pressione e la quantità d’aria utilizzata per far gonfiare il disco di impasto fino a lacerarne la sottile superficie. Il risultato della prova si visualizza in tempo reale (4) e consiste nella curva alveografica di cui parleremo di seguito.

Attenzione però! Questo metodo di analisi fornisce risultati particolarmente attendibili solamente per farine tipo “0” e tipo ”00”. Per le farine integrali, ossia per quelle farine contraddistinte da un alto tenore di ceneri e da una granulometria peculiare, si ottengono risultati falsati perché la maglia glutinica dell’impasto è indebolita dalla massiccia presenza di frazioni cruscali che causano un comportamento imprevedibile del dischetto di impasto al momento dell’insufflazione d’aria, tanto da fornire dati fuorvianti. Per superare questo limite, qualora si voglia eseguire la prova di Chopin su una farina integrale, è bene setacciarla finemente per poter analizzare la sola frazione farinosa, totalmente privata delle frazioni cruscali.

Tornando alla prova, all’atto pratico si procede impastando 250 g della farina che si vuole analizzare con una miscela di acqua e sale. Per standardizzare quanto più possibile i risultati, l’acqua salata non viene aggiunta in base ad una formula fissa, ma in funzione dell’umidità della farina che si sta analizzando: tanto più secca sarà la farina, quanta più acqua si aggiungerà all’impasto. Grazie alla particolare impastatrice di cui è dotato lo strumento, si estrae una striscia di pasta da cui si ricavano 5 dischetti calibrati, che vengono successivamente posti a riposare nell’apposita cella a temperatura controllata e, dopo 28 minuti dall’inizio dell’impastamento, vengono posizionati in sequenza sullo strumento di misura, che li gonfia a forma di bolla, fino a lacerare la maglia glutinica dell’impasto. La misura termina al momento dell’esplosione della bolla.

qualità
Figura 3. Il dischetto di impasto che assume la forma di una bolla sotto l’effetto dell’aria insufflata.

 

Possiamo quindi identificare quattro fasi fondamentali della prova, raffigurate nell’immagine sottostante: ogni fase mostra il lavoro dello strumento e la relativa evoluzione della curva alveografica, che viene memorizzata.

 

W
Figura 4. Le quattro fasi della prova.

 

I risultati che si ottengono con l’alveografo di Chopin

La prova appena descritta viene ripetuta in condizioni esattamente identiche per ciascuno dei 5 dischetti di impasto e lo strumento esegue automaticamente tutti i calcoli utili a determinare una curva media in base agli esiti delle singole misure.

Per approfondire lo studio dei risultati forniti dall’alveografo di Chopin, possiamo dire che ciascuna delle quattro fasi sopra raffigurate ci fornisce precise indicazioni circa singole proprietà della farina la cui carratterizzazione completa scaturisce dall’analisi congiunta di tutti i valori ottenuti. Per spiegare meglio questo concetto ci serviremo dell’immagine sottostante, utile a capire il significato dei principali risultati forniti dall’alveografo di Chopin.

 

Come calcolare il W di una farina

W farina
Figura 5. Esempio di una curva alveografica.

 

  • P: è la pressione massima necessaria a deformare il dischetto di impasto e rappresenta la tenacità dell’impasto, ossia la resistenza che la pasta oppone alla deformazione.
  • L: è la lunghezza della curva e rappresenta l’estensibilità della farina, ossia l’attitudine dell’impasto a sopportare deformazioni.
  • W: è il parametro più celebre di questa prova e per semplificare possiamo dire che rappresenta la forza della farina. Il suo valore è calcolato automaticamente dall’alveografo in base al volume d’aria impiegato per gonfiare il dischetto di impasto, al parametro L che abbiamo appena descritto ed alla superficie della curva evidenziata in rosa nella figura soprastante.

Per descrivere correttamente una farina, assieme al W si considera il rapporto P/L, che è indicativo delle proporzioni della curva. Farine con un P/L elevato sono caratterizzate da elevata tenacità (P alto) e da bassa estensibilità (L corto), mentre farine con P/L basso avranno bassa tenacità ed elevata estensibilità. A parità di W sarà preferibile una farina meno tenace e più estensibile, ma il parametro del P/L non è sufficiente per descrivere queste caratteristiche, specialmente quando si sta parlando di farine con alti valori di W.

Va sottolineato, inoltre, che l’alveografo di Chopin e i dati che fornisce non danno alcuna informazione sulle caratteristiche biologiche delle farine, quali il patrimonio enzimatico, il grado di danneggiamento dell’amido e la qualità delle proteine.

Per approfondire tutti questi aspetti nei prossimi articoli descriveremo le altre analisi di laboratorio utili a meglio caratterizzare la lavorabilità delle farine.

Come si calcolava il W prima della rivoluzione informatica

Fino ad una ventina di anni fa era compito dell’analista eseguire i calcoli necessari all’interpretazione della curva alveografica: si doveva servire del planimetro o dell’apposita tabella mostrati nell’immagine qui riportata. Oggi, invece, gli strumenti di ultima generazione determinano automaticamente i valori reologici sopra elencati, che vengono stampati congiuntamente alla curva ottenuta dall’analisi.

Come si calcolava il W prima della rivoluzione informatica

 

Cos’è il W della farina: la spiegazione completa

Dopo aver ripercorso la storia di questo valore reologico, spiegato il funzionamento dell’Alveografo e descritto come questo effettua la misurazione, è giunta l’ora di addentrarci nel vero significato del W.

W e forza delle farine

Si dice comunemente che il W rappresenta la forza di una farina, ma per essere precisi questa grandezza fisica non rappresenta una forza, bensì un lavoro, ed il suo stesso nome testimonia questa erronea denominazione poiché è facile immaginare che W sia l’iniziale dell’inglese Work, o del tedesco Werk. Il W, infatti, si misura in Joule x 10^-4, e viene calcolato automaticamente dall’alveografo come abbiamo già precisato.

Quindi, quando affermiamo che una farina ha un W pari a 350 (di solito si omette l’unità di misura), stiamo dicendo che è necessario un lavoro di deformazione pari a 0,035 Joule per gonfiare fino a fare esplodere un dischetto calibrato di un impasto ottenuto con quella data farina. Senza dilungarsi sul senso fisico di questa grandezza, possiamo intuitivamente affermare che una farina caratterizzata da un elevato W sarà in grado di sostenere una maggiore spinta ad opera dei gas che si sviluppano durante la lievitazione, mentre una farina caratterizzata da un basso valore di W tenderà a collassare prima.

Da cosa dipende il W di una farina

Facendo un ulteriore passo in avanti, possiamo dire che questa “caratteristica resistenziale” delle farine è determinata in particolar modo dal glutine che si forma durante la fase di impasto. Come abbiamo scritto in un altro articolo, il glutine si forma a partire da due proteine, gliadina e glutenina che, in presenza di acqua e dell’azione meccanica dell’impastamento, creano una maglia fondamentale per donare struttura agli impasti: la cosiddetta maglia glutinica. Per questo possiamo affermare che il valore del W dipende dalla quantità e dalla qualità delle proteine presenti nel grano di partenza e quindi nella farina ottenuta dalla macinazione di questo grano. È molto difficile stabilire una correlazione diretta tra la percentuale di proteine presenti nelle farine e il valore del W, ma proveremo comunque a fornire alcune indicazioni nel paragrafo seguente.

Come calcolare il W della farina in base alle proteine

In questo paragrafo forniremo una correlazione tra la percentuale di proteine contenute nella farina ed il valore del W. Inoltre cercheremo di dare indicazioni per il corretto uso della farina in funzione W, tentando di rispondere a domande ricorrenti che si possono leggere sul web, come ad esempio: quale W deve avere una farina per pizza napoletana o qual è il W ideale per una farina da panettone o ancora, qual è il W ideale per la pasta frolla?

W e proteine
Tabella 1. Correlazione fra la percentuale di proteine “sul secco”, il W della farina ed i possibili usi. I valori numerici si riferiscono a farine tipo “0” e “00”.

 

Spesso si sente parlare di farina debole e farina di forza. Ma cos’è una farina debole? E cos’è una farina di forza? Come è possibile intuire queste pseudo definizioni si basano esclusivamente sul W e per questa ragione descrivono in maniera davvero parziale una farina. Esistono diverse correnti di pensiero a riguardo e tutte attribuiscono valori di W diversi a queste due “categorie”. In ogni caso, possiamo affermare che una farina può essere definita debole se ha un W inferiore a 200 e di forza se ha un W superiore a 320.

Abbiamo appena risposto per sommi capi ad alcune domande che attanagliano gli appassionati di arte bianca, ma rimangono ancora due importanti argomenti da analizzare.

Ogni impasto che si rispetti, infatti, è costituito da tre “ingredienti” fondamentali, ossia la farina, l’acqua ed il tempo, e sarebbe utile poter stabilire correlazioni efficaci tra il W della farina e l’idratazione dell’impasto e tra il W della farina e i tempi di lievitazione.

W e idratazione della farina

Purtroppo non possiamo stabilire una correlazione tra queste due caratteristiche a causa di un limite intrinseco della misura alveografica con cui si determina il valore del W di una farina. Infatti, nel condurre questa fondamentale analisi di laboratorio, come affermato all’inizio di questo articolo, la quantità d’acqua per l’impasto di prova viene regolata solamente in funzione dell’umidità della farina, senza tenere conto dell’effettivo assorbimento della farina stessa, largamente influenzato dal tenore proteico. Quindi, il W determinato mediante dall’alveografo di Chopin non ci può fornire indicazioni utili a stabilire l’assorbimento di una farina.

W e tempi di lievitazione

Per valutare l’attitudine di una farina a sostenere tempi di lievitazione più o meno lunghi è necessario misurare la consistenza di un impasto al variare del tempo, ma anche questa operazione non può essere svolta dall’alveografo di Chopin. Il valore del W, pertanto, non fornisce indicazioni utili a stabilire i corretti tempi di lievitazione.

Per superare questi limiti, abbiamo la necessità di effettuare un altro test di laboratorio, che prende il nome di estensografo. Inoltre, per un quadro più completo, è bene prendere in considerazione anche le informazioni derivanti da un altro importante strumento presente nel laboratorio del mulino: il Falling Number.

In ogni caso, appare chiaro sin d’ora che un moderno molino, il cui obiettivo sia produrre farine professionali di qualità elevata e costante, deve essere dotato di un laboratorio molto completo ed aggiornato, in grado di analizzare con precisione tutti i lotti di produzione.

 

Ricapitolando…

In questo articolo abbiamo intrapreso un nuovo viaggio alla scoperta di uno dei reparti più affascinanti del mulino: il laboratorio d’analisi.

Abbiamo voluto iniziare descrivendo il W, che è indubbiamente il valore reologico più “famoso” tra tutti quelli che vengono impiegati per descrivere una farina ed abbiamo affermato che:

  • Il W non rappresenta la forza di una farina, bensì il lavoro di deformazione necessario a gonfiare un dischetto calibrato di impasto fino a farlo scoppiare.
  • Il W non è il solo parametro interessante che possiamo ottenere dall’alveografo di Chopin, infatti non va dimenticato il P/L!
  • Abbiamo stabilito una correlazione tra le proteine di una farina, il W, e la preparazione che si desidera effettuare.
  • L’alveografo di Chopin e i dati che fornisce non danno alcuna informazione sulle caratteristiche biologiche delle farine.
  • Abbiamo precisato che non è possibile correlare W e idratazione di una farina, né stabilire un legame tra W e ore di lievitazione.

Partirà proprio da quest’ultimo punto la prossima tappa del nostro viaggio alla scoperta del laboratorio e dei valori reologici delle farine.