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Come scegliere la migliore farina

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come scegliere la miglior farina

Navigando in rete capita sempre più spesso di imbattersi in post e conversazioni il cui tema è la scelta della migliore farina. Premesso che non esistono farine più “buone” o meno “buone” in senso assoluto, e che la bontà della farina è tale solo in relazione al prodotto che si intende realizzare, crediamo che i molti dibattiti (e la molta confusione) relativi alla scelta della farina derivino dal fatto che non ne esiste un solo “tipo” e, per di più, non esiste nemmeno una metodologia univoca di classificazione.

Va anche detto che questa situazione è tipica del mercato italiano e, in senso altamente positivo, rispecchia l’elevatissimo grado di specializzazione raggiunto dal nostro settore alimentare, nonché la grande professionalità dei mugnai italiani che, più di altri, sono in grado di rispondere alle specifiche esigenze dei clienti. Quindi, per capire quale farina scegliere in funzione delle nostre esigenze, è bene innanzitutto chiarire quali sono i criteri di classificazione delle farine.

Il primo criterio di classificazione: i “Tipi” di farina

Un primo criterio di classificazione è la legge italiana secondo la quale le farine si classificano in “tipi” in funzione del loro tenore di ceneri, ossia dei sali minerali che rimangono inalterati dopo aver carbonizzato un campione di prodotto portandolo a più di 600°C. I sali minerali sono contenuti prevalentemente nelle frazioni cruscali, quindi le farine integrali, in cui le crusche vengono mantenute in tutto o in parte, sono caratterizzate dai più alti valori di ceneri.

Le farine tipo “00”, invece, ottenute selezionando le componenti più interne del chicco (non chiamiamole farine “raffinate”, è inappropriato, come ti spieghiamo nel nostro articolo sulla macinazione a cilindri ), presentano i valori di ceneri più bassi della gamma.

Possiamo riassumere questa classificazione in una tabella, precisando che le distinzioni tra i vari “tipi” nulla hanno a che vedere con la qualità, i valori reologici (W, P/L, stabilità…) e gli utilizzi delle farine a cui fanno riferimento.

 

Farina Ceneri minime Ceneri massime
Tipo “00” 0,55% FarinaCeneri minimeCeneri massime
Tipo “0” 0,65% FarinaCeneri minimeCeneri massime
Tipo “1” 0,80% FarinaCeneri minimeCeneri massime
Tipo “2” 0,95% FarinaCeneri minimeCeneri massime
Tipo “Integrale” 1,30% 1,70% FarinaCeneri minimeCeneri massime

 

Scegliere la farina in base al “Tipo”

Secondo l’attuale normativa, la differenza tra una farina “0” ed una “00” è davvero minima, tanto che anche l’occhio più esperto stenta a distinguerle.

In generale, passando da farine tipo “00” a farine tipo “2”, il colore diventa più scuro, aumenta la presenza di puntatura, aumenta il tenore proteico, ma cala il rapporto tra la percentuale di glutine e la percentuale di proteine totali (a parità di glutine le farine scure sono più ricche di proteine rispetto alle farine chiare).

Possiamo anche affermare che in termini di valori nutrizionali, le differenze tra una farina tipo “00” ed una farina tipo “2” sono minime.

Meritano una precisazione le farine integrali, in cui sono presenti frazioni cruscali dalla granulometria più o meno ampia, a volte con granulometrie superiori ad 1,5 mm. Per queste ultime è definito un limite minimo di ceneri, che garantisce una presenza di fibre bilanciata, ed un limite massimo, che in molti casi impone al mugnaio di eliminare una parte delle frazioni cruscali, pena l’impossibilità di commercializzare il prodotto finito come farina.

Quindi, in base a questo primo criterio di classificazione

  • si preferiscono le farine tipo “00”, a volte anche con tenore di ceneri inferiore a 0,40%, per la produzione di pasta fresca all’uovo, di sfoglie o di piadine, di prodotti da pasticceria e pizzeria;
  • le farine tipo “0” e tipo “1” risultano ideali per la produzione di pane, focacce, sostituti del pane,
  • le farine tipo “2” possono essere utilizzate con successo nella preparazione di biscotti, brioches, panificati vari ed altri prodotti da forno in cui è gradita una colorazione bruna,
  • le farine integrali possono trovare applicazione in tutte le preparazioni in cui si vuole dare risalto alla presenza di fibre, tenendo presente che, come verrà meglio descritto nel seguito, queste ultime hanno attitudini alla lievitazione diverse rispetto agli altri tipi di farina (qui per un confronto fra tipo “00” e tipo “integrale”).

Il secondo criterio di classificazione: l’utilizzo della farina

Un secondo criterio di classificazione è l’utilizzo che si intende fare della farina, ossia i prodotti che si vogliono realizzare. A tal proposito si possono considerare i valori reologici della farina, ossia quell’insieme di dati che vengono definiti dalle analisi di laboratorio.

Scegliere la farina in base ai valori reologici

Storicamente, uno dei valori tenuti in maggior considerazione è il W, determinato mediante l’alveografo di Chopin, e misurato in Joule: le farine da biscotti saranno caratterizzate dai valori di W più bassi (anche inferiori a 100), mentre le farine destinate alla produzione di grandi lievitati saranno caratterizzate dai valori di W più elevati (anche superiori a 400). Queste osservazioni sono riassunte nella tabella seguente.

 

W e proteine
Tabella 1. Correlazione fra la percentuale di proteine “sul secco”, il W della farina ed i possibili usi. I valori numerici si riferiscono a farine tipo “0” e “00”.

 

Un altro valore che caratterizza ancor più efficacemente le farine è la stabilità, determinata mediante il farinografo di Brabender e misurata in minuti: le farine da biscotti saranno caratterizzate da valori di stabilità bassi (inferiori a 2 minuti) mentre le farine destinate alla produzione di grandi lievitati saranno caratterizzate da valori di stabilità più alti (anche superiori a 20 minuti).

Stabilità e W sono solo due dei molti valori indispensabili per classificare le farine in base al loro utilizzo: non vanno dimenticati, ad esempio, l’estensibilità e il Falling Number.

 

 

    Farina da biscotti      Farina per pizze a medie lievitazioni
alveogramma biscotti alveogramma integrali

Entrambi i valori sono riconducibili alla percentuale di glutine secco naturalmente presente nella farina, possiamo quindi riassumere nella tabella seguente le linee guida per la scelta in funzione dell’utilizzo.

 

Prodotto finito % Glutine secco Stabilità [minuti] W [Joule E-4]
Biscotti 8,5 < 2 100 – 120
Cracker/gallette 9,0 3 140 – 160
Pani di base a brevi lievitazioni 9,5 6 200 – 240
Pizze a medie lievitazioni 11,5 12 300 – 320
Pani lavorati a lunghe lievitazioni 12,5 14 330 – 350
Grandi lievitati, dolci da ricorrenza 14,0 18 360 – 380
Rinforzo, tecnologia del freddo > 15,0 > 20 > 400

 

Anche in questo caso occorre fare una precisazione relativamente alle farine integrali poiché le attuali analisi di laboratorio si possono applicare con attendibilità solamente a farine prive di frazioni cruscali. Quindi, per una farina integrale, i dati analitici saranno riferiti alla frazione setacciata della stessa, e liberata dalle frazioni cruscali (queste renderebbero impossibile condurre in modo attendibile i test). Nello scegliere le farine integrali si deve tenere conto di questa peculiarità tecnica mantenendo un certo margine di sicurezza utilizzando farine dal tenore proteico più alto.

 

Il terzo criterio di classificazione: il tipo di macinazione

Un terzo ed ultimo criterio di classificazione si basa sulla tecnologia produttiva impiegata per macinare i grani. Infatti, come è ben noto, i grani si possono macinare sia a pietra che a cilindri .

macinazione a pietra  macinazione a cilindri

Scegliere la farina in base al tipo di macinazione

Entrambe le tecnologie sono estremamente collaudate, visto che anche la più moderna macinazione a cilindri risale ormai a più di 150 anni fa, ed entrambe hanno le proprie peculiarità e punti di forza.

Ad esempio, la macinazione a cilindri consente di ottenere una shelf-life superiore rispetto alla macinazione a pietra e permette di produrre una vasta gamma di farine, anche caratterizzate da tenori di ceneri molto bassi. La macinazione a pietra consente di ottenere farine solamente nei tipi “1”, “2” e “Integrale”, e non consente di controllare con precisione le granulometrie dei prodotti e l’umidità. Queste peculiarità, solo apparentemente negative, possono trasformarsi in punti di forza se è volontà dell’utilizzatore ottenere prodotti dall’immagine rustica.

In sostanza, anche in questo caso non si può affermare che una tecnologia produttiva sia migliore dell’altra. Il concetto vale anche dal punto di vista nutrizionale, dato che farine dello stesso “tipo” (limitando il confronto alle farine tipo “1”,”2” o “Integrale”), ottenute dalla macinazione degli stessi grani, presentano valori nutrizionali molto simili al variare della tecnologia produttiva. Ad esempio, a partire dallo stesso grano, una tipo “2” macinata a cilindri avrà circa le stesse proteine, carboidrati e grassi di una tipo “2” macinata a pietra.

Chi preferisce adottare una farina macinata a pietra, infatti, dovrà tenere presente che questa antica tecnica è estremamente indicata per la produzione di farine scure, di tipo “2”, o di farine integrali.

Molto interessante è anche il prodotto che si ottiene macinando a pietra il grano, precedentemente pulito, senza scartare alcuna frazione cruscale: il risultato di questa macinazione non può essere definito farina, perché il suo tenore di ceneri eccede quasi sempre l’1,70%, ma si presta comunque ad essere impiegato in miscele per prodotti rustici e ricchi di fibre.

Di contro, la macinazione a pietra non dà il meglio di sé nella lavorazione dei grani di forza, utilizzati per produrre farine ricche di glutine, e non consente di ottenere farine stabili tanto quanto quelle che si possono ottenere con un molino a cilindri.

Come scegliere una farina insieme al cliente

Da questa esposizione introduttiva sulle possibili classificazioni delle farine, appare chiaro che la scelta della farina migliore in relazione al prodotto che si intende realizzare può risultare complessa. Per questo, abbiamo deciso di mettere a disposizione dei nostri clienti un bagaglio di conoscenze che spaziano dalle varie tecnologie di macinazione, a pietra o a cilindri, alle analisi di laboratorio sui grani e sulle farine, fino ad arrivare alle competenze nella panificazione e nella preparazione dei prodotti della seconda trasformazione.

Nel percorso di affiancamento nella scelta di una farina, si parte dalle esigenze del cliente che, trovandosi a dover sviluppare un nuovo prodotto, deve stabilire uno standard per le future forniture. Dopo un confronto relativo alle tecnologie produttive, ai tempi e metodi di lavorazione che il cliente intende adottare, viene proposta la farina che riteniamo più indicata per il particolare uso.

Se, ad esempio, un cliente ha l’esigenza di produrre un nuovo tipo di brioche, potremmo lavorare su una farina tipo “00” per avere un prodotto più convenzionale; su una tipo “2” se l’obiettivo è avere un prodotto dall’aspetto più rustico; su una farina integrale se è gradita una maggior percentuale di fibre nel prodotto finito.

Ipotizzando che il cliente opti per una farina tipo “2”, potremmo consigliare di provare prima una Tipo “2” Forte macinata a pietra. Oppure, se il cliente è particolarmente sensibile alla tematica relativa all’origine dei grani, potremmo proporgli la stessa farina certificata secondo la norma ISO 22005, nell’ambito della filiera “Scelte di Campo” di Mulino Padano.

Dopo aver valutato le varie possibilità, mettiamo in condizione il cliente di effettuare piccoli test pilota, inviando una campionatura dei vari articoli di interesse.

I test del cliente, così come le prove di produzione svolte nel nostro laboratorio di panificazione, ci permettono poi di calibrare al meglio la farina. Infatti, nello sviluppo di un nuovo prodotto, il nostro obiettivo è consigliare al cliente una farina che non imponga adattamenti tecnologici dei processi produttivi o delle linee di lavorazione. Anche quando proponiamo ai clienti farine scure, come le tipo “2”, o farine integrali, facciamo in modo che queste abbiano la stessa lavorabilità delle più utilizzate farine tipo “0” e “00”. Per questo, non ci limitiamo a testare le farine nel nostro laboratorio d’analisi, ma conduciamo approfonditi baking test per verificarne le effettive reazioni.

Una volta ottenuto il risultato desiderato, viene redatto un capitolato interno che condividiamo con il cliente. Nel capitolato vengono riportate tutte le caratteristiche della farina in termini di tipo (tenore di ceneri), percentuale di glutine, valori reologici (W, Stabilità…), profilo granulometrico, tecnologie produttive impiegate per la macinazione.

Sarà poi nostro compito fondamentale mantenere costante ed inalterata la qualità delle forniture, per dare modo ai nostri clienti di ottenere il meglio dalle proprie produzioni.

Il mulino, un consulente prezioso nello sviluppo di nuovi prodotti

Chi deve sviluppare un nuovo prodotto molto spesso si trova di fronte al dilemma di quale farina utilizzare. Questo dilemma è più che legittimo, visto che esistono moltissime tipologie di farine di grano tenero, ma non esiste un unico criterio per classificarle.

Abbiamo detto che le farine di grano tenero possono essere classificate:

  • in base ai “Tipi” (“00”, “0”, “1”, “2” e “Integrale”) come previsto dalla legge italiana
  • in base all’utilizzo che se ne vuole fare (farine da biscotti, farine per pane, farine per croissant…)
  • in base alla tecnologia di macinazione utilizzata (a cilindri, oppure a pietra)

Di fronte a tutte queste possibilità, è dialogando costantemente con il mulino che si può giungere ogni volta alla scelta della migliore farina. Solo il mulino, infatti, può fornire un adeguato supporto tecnico grazie alla dotazione di laboratori interni in cui vengono condotti accurati test. Da questo dialogo preliminare nascono spesso interessanti spunti per lo sviluppo dei prodotti.

 

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