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Come conservare i prodotti fritti: tecniche e consigli per aumentare la shelf life

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come conservare fritti

La frittura è una delle tecniche di cottura più diffuse al mondo ed è caratterizzata dal contatto ravvicinato tra l’alimento da cuocere e un grasso caldo: durante la cottura il grasso trasferisce molto rapidamente il calore all’alimento, ma ne diventa anche parte integrante, modificando sapore, aspetto, texture, shelf life e valori nutrizionali.

Può essere applicata ad un ampio spettro di prodotti, alcuni dei quali molto amati dai consumatori. Per fare un esempio restando nel nostro Paese, si pensi alle produzioni tipiche del periodo del Carnevale, per le quali Cna Agroalimentare registra una crescita delle vendite del 25% negli ultimi 3 anni.

Un prodotto appena fritto, se sono state seguite le corrette tecniche, è una gioia per il palato, ma molte volte non vi è la possibilità di consumare immediatamente le preparazioni: le squisitezze esposte in un banco di pasticceria possono essere state realizzate diverse ore prima oppure si pensi ai prodotti fritti che troviamo sugli scaffali dei supermercati. Questo articolo ha infatti l’obiettivo di rispondere alla domanda “come conservare i prodotti fritti?” che spesso si pongono pasticceri, fornai, pizzaioli, tecnologi alimentari o semplici appassionati di cucina: rappresenta la prima guida di una serie che dedicheremo al tema, molto sentito, della conservazione dei prodotti da forno.

Questo articolo, come tutti quelli della serie dedicata alla conservazione, è scritto in collaborazione con Alessio Busi, affermato tecnologo alimentare che da sempre lavora al fine di accrescere il patrimonio di conoscenze del settore, attraverso consulenze e manuali teorico-pratici realizzati assieme al padre, Omar Busi.

Un’ultima ed importante precisazione: le informazioni riportate di seguito si riferiscono solo alla frittura di impasti. Quindi, a titolo di esempio, non verranno trattate le tecniche di conservazione delle fritture delle verdure o delle carni.

 

Come conservare i prodotti fritti in base al tipo di preparazione

Partiamo dal presupposto che i prodotti fritti sono SEMPRE più appetibili nei primi momenti dopo la cottura: il fritto appena fatto non ha eguali. È comunque utile cercare di capire come conservare al meglio i vari prodotti per poter organizzare la produzione e mantenere la qualità al di sopra della soglia di accettabilità il più a lungo possibile.

Non ci soffermeremo più di tanto sulle condizioni legate all’esposizione in vendita, in quanto gli unici prodotti che necessitano di accorgimenti particolari sono quelli farciti con ripieni deperibili (es. crema pasticcera), che vanno necessariamente mantenuti refrigerati. Tutto il resto del fritto può essere conservato tranquillamente a temperatura ambiente.

È invece interessante approfondire gli aspetti legati allo stoccaggio per fare magazzino e, ove possibile, scorte di produzione.

In questo senso è utile distinguere strade diverse in base al tipo di prodotto:

  • paste dure;
  • paste lievitate;
  • paste gelatinizzate.

 

Conservazione delle paste dure

Mi piace chiamare “paste dure” tutti quegli impasti estremamente asciutti utili ad ottenere fritti croccanti come chiacchiere, cannoli siciliani, tortelloni fritti, sabadoni, ecc.

La conservazione di questi prodotti ha due nemici principali:

  • Umidità: un prodotto fritto secco e croccante tenderà naturalmente ad assorbire l’umidità dell’ambiente, perdendo rapidamente friabilità e fragranza. È quindi necessario conservare i prodotti finiti in contenitori ermetici, o comunque al riparo dall’umidità.
  • Irrancidimento: esposti all’aria, al calore e alla luce, i grassi tendono ad ossidare e sviluppare spiacevoli sentori di rancido. I grassi assorbiti durante la frittura sono anche più fragili sotto questo punto di vista, perché sono già stati parzialmente danneggiati in cottura e irrancidiscono più facilmente in conservazione. La migliore misura preventiva che possiamo adottare è la conservazione in contenitori ermetici (che limitano il contatto con l’ossigeno) e opachi (che non lasciano passare la luce), mantenuti al riparo da sbalzi di temperatura.

Ma quindi, nel concreto, quanto durano le chiacchiere fritte? Se si rispettano tutti questi accorgimenti, le chiacchiere (e in generale tutti i prodotti di questa categoria) durano tranquillamente fino a 3-4 settimane, garantendoci la possibilità di fare scorta per tutto il periodo di carnevale.

chiacchiere di carnevale
Figura 1. Un esempio di prodotto fritto di pasta dura: le Chiacchiere di Carnevale.

Conservazione delle paste lievitate

Il nome “paste lievitate” è abbastanza autoesplicativo: racchiude tutti gli impasti caratterizzati da una fase di lievitazione con lievito di birra o lievito madre.

Spesso le pasticcerie hanno necessità di realizzare una scorta di bomboloni, ciambelle, graffe e tutti quei prodotti lievitati soffici che difficilmente si riescono a friggere tutti i giorni. Per questo motivo, il metodo di conservazione migliore è il congelamento.

Congelare i bomboloni (e tutti gli altri fritti lievitati) richiede alcuni accorgimenti:

  • Abbattere rapidamente subito dopo la frittura. In questo modo il prodotto manterrà la sua fragranza e l’umidità interna.
  • Gestire lo scongelamento lentamente, in frigorifero. Questo limita la sineresi (cioè la perdita di acqua) e mantiene il prodotto uniforme.

Mentre scrivo sento già arrivare la fatidica domanda: posso rigenerare i bomboloni in forno? La risposta breve è NO.

La risposta lunga è che la rigenerazione diretta in forno è generalmente sconsigliata perché fa fuoriuscire l’olio, dando al prodotto un aspetto unto e sgradevole. È comunque possibile fare un passaggio in forno dopo lo scongelamento, ma deve essere breve e delicato.

Le considerazioni appena fatte valgono esclusivamente per i lievitati fritti dolci. I lievitati fritti salati (gnocco fritto, panzerotti, pizza fritta, ecc.) sono invece molto meno adatti ad essere congelati, per via dell’assenza di zucchero. Allo scongelamento non mantengono le caratteristiche iniziali e scendono quasi sempre sotto la soglia di accettabilità. Per questi prodotti quindi lo stoccaggio non è una strada percorribile: il consiglio è quello di friggerli sempre al momento.

panzerotto
Figura 2. Un esempio di prodotto fritto di pasta lievitata: il panzerotto.

 

Conservazione delle paste gelatinizzate

Con “paste gelatinizzate” si intendono quegli impasti che prevedono, prima della frittura vera e propria, una precottura della farina con i liquidi per gelatinizzare l’amido. È la tecnica utilizzata per produrre zeppole, churros, frittelle venete, ecc.

Per la conservazione di tutti questi prodotti valgono essenzialmente le medesime considerazioni appena viste per il congelamento delle paste lievitate dolci. In particolare, la fase cruciale per tutti i prodotti fritti conservati in negativo è la rigenerazione lenta in frigorifero: se si utilizza il forno e si scalda eccessivamente, il gusto e l’aspetto del prodotto vengono monopolizzati da una spiacevole sensazione di unto.

Assolutamente da evitare poi il microonde, che rovina il prodotto sotto ogni punto di vista: una volta raffreddato diventa istantaneamente secco e raffermo, perdendo ogni piacevolezza.

frittelle venete
Figura 3. Un esempio di prodotto fritto di pasta pregelatinizzata: la frittella veneta con uvetta.

 

Come conservare i prodotti fritti: suggerimenti aggiuntivi

La conservazione è un tema incredibilmente ampio e complesso che ci impone di integrare le precedenti osservazioni con ulteriori spunti tecnici, validi per tutti i tre tipi di prodotto appena trattati:

  • La scelta dell’olio: un elevato punto di fumo è sicuramente la caratteristica più conosciuta e ricercata, ma non è da sottovalutare anche la stabilità ossidativa. In questo senso, prodotti tecnici come gli oli di semi di girasole alto-oleico con antiossidanti aggiunti (es. oli essenziali di bergamotto, rosmarino, ecc.) si rivelano incredibilmente performanti e duraturi nel tempo, sia in frittura che in conservazione.
  • La scelta dei materiali per il confezionamento: l’aspetto più importante è sicuramente la barriera all’ossigeno e ai raggi UV, i principali acceleratori dell’irrancidimento dei grassi. In questo senso è quindi fondamentale la scelta di plastiche con le giuste caratteristiche: spesso si fa ricorso a materiali multistrato, oppure plastiche additivate con stabilizzanti UV che hanno il compito di filtrare i raggi ultravioletti.
  • L’eventuale uso di additivi e coadiuvanti tecnologici: le industrie alimentari, che hanno la necessità di assicurare shelf life più lunghe rispetto a quelle garantite dai professionisti, devono lavorare anche sulla formulazione dei prodotti. Da una parte si può scegliere la strada degli additivi antiossidanti, ormai testati e di certa efficacia: acido ascorbico (E300), palmitati (E304, E305), BHA (E320), BHT (E321), solfiti (E222, E223, E224, E228), EDTA (E385), estratto di rosmarino (E392) o tocoferoli. Dall’altra, negli ultimi anni si stanno affermando sempre più dei coadiuvanti tecnologici di origine enzimatica che consentono di mantenere l’etichetta pulita e priva di additivi.

 

Alessio Busi