Nel nostro viaggio alla scoperta del laboratorio d’analisi del molino abbiamo avuto modo di approfondire l’alveografo di Chopin ed il W delle farine, grazie ad un articolo che ha descritto pregi e difetti di questa analisi e ci ha dato lo spunto per intraprendere una nuova tappa, alla scoperta delle macchine di Brabender. Come abbiamo sottolineato più volte, queste macchine si propongono di caratterizzare appieno le tre fasi della gestione dell’impasto di un prodotto da forno, ossia:
- Impastamento
- Lievitazione
- Formatura
Il primo macchinario di Brabender che abbiamo approfondito è stato il farinografo, che si concentra sulla fase di impastamento, ed abbiamo precisato che questa importante analisi non è in grado di descrivere compiutamente le fasi di lievitazione e formatura.
Per completare le informazioni relative alla fase della lievitazione e per caratterizzare la fase di formatura, dunque, è necessario fare ricorso ad un altro strumento di laboratorio, sempre ideato da Brabender: l’estensografo.
In questo articolo, riga dopo riga, forniremo delle importanti linee guida per scegliere le migliori farine professionali in base all’uso che se ne intende fare.
Come funziona l’estensografo di Brabender
Prima di addentrarci nella descrizione, è importante precisare che l’estensografo non è autosufficiente per la corretta preparazione degli impasti da analizzare: necessita dell’impastatrice del farinografo, descritta nel nostro articolo sull’assorbimento della farina, in cui abbiamo proposto anche il video della preparazione dell’impasto.
L’estensografo di Brabender è costituito dai seguenti componenti essenziali:
- Un omogeneizzatore a piatto, realizzato con un disco che ruota alla velocità di 83 giri al minuto, avente la funzione di dare una forma sferica alle porzioni di impasto da analizzare, preparate grazie all’impastatrice del farinografo;
- Un omogeneizzatore a cilindro, costituito da un tamburo che ruota alla velocità di 15 giri al minuto, avente la funzione di trasformare in un filoncino cilindrico la sfera, precedentemente formata nell’omogeneizzatore a piatto;
- Una cella di lievitazione, che mantiene una temperatura costante di 29°C, in cui vengono posti a lievitare i filoncini dopo la formatura;
- Lo strumento di misura vero e proprio, che comprende:
- un gancio che si muove dall’alto verso il basso alla velocità di 14,5 mm/s mettendo in trazione l’impasto
- un sistema costituito da uno smorzatore viscoso e da leve
- un trasduttore il cui scopo è inviare i dati della misura ad un computer preposto alla registrazione ed elaborazione degli stessi.
- Un sistema costituito da un bagno termostatico e da condotti di distribuzione, che mettono in circolazione l’acqua alla temperatura di 30°C nelle parti in movimento della macchina, al fine di controllare le temperature della prova.
- Il timer per scandire i tempi della prova.
Questo strumento è in grado di caratterizzare un impasto misurando lo sforzo necessario per deformarlo. Gli esiti della prova vengono registrati su un diagramma sul cui asse verticale viene registrato lo sforzo, espresso in UB (Unità Brabender), in funzione dell’estensibilità dell’impasto, espressa in cm, che viene riportata sull’asse orizzontale.
Come si conduce la prova
La prova dell’estensografo consiste nell’eseguire un test di trazione di un impasto realizzato in condizioni standard. Questa importante analisi inoltre non si limita a fornire dati “meccanici”, bensì si spinge a dare informazioni su come l’impasto si comporta con il passare del tempo. Infatti, come vedremo, il test viene ripetuto per tre volte su ciascuna porzione di impasto, che chiameremo “provino” nel seguito dell’articolo. L’obiettivo è valutare se il provino si rilassa o diventa più tenace con il passare del tempo ed il susseguirsi delle lavorazioni a cui è sottoposto.
Prima di entrare nel merito della descrizione della prova, è bene precisare che questo test non può prescindere dall’analisi del farinografo. Infatti, anche l’estensografo deve lavorare su impasti di consistenza standard, e per ottenere questo risultato ci si basa sul dato di assorbimento ottenuto mediante la prova del farinografo. Quindi, per semplificare, possiamo affermare che il test dell’estensografo si può eseguire soltanto dopo aver eseguito il test del farinografo.
Vediamo ora come si conduce concretamente la prova dell’estensografo:
- Inserire nell’impastatrice del farinografo 300 g di farina.
- Disciogliere in una beuta 6 g di sale, con percentuale di acqua, espressa sulla quantità di farina, calcolata come segue: % Acqua = Assorbimento determinato con il farinografo – correzione. La correzione può variare indicativamente dal 2% al 4%, in funzione delle caratteristiche della farina analizzata. Ad esempio, per una farina avente 58% di assorbimento, considerando una correzione del 2%, l’impasto dell’estensografo si realizzerà con una percentuale di idratazione pari a 56%.
- Impastare per un minuto, quindi effettuare un fermo macchina di cinque minuti, ed infine impastare per ulteriori 2 minuti. Al termine della fase di impasto, si deve verificare la consistenza della massa, che deve risultare pari a 500 UF (vedi articolo sul farinografo per approfondire il significato di questo valore). Se così non fosse, si dovrà ripetere la prova con una differente correzione della percentuale di acqua.
- Si porziona la massa in due parti da 150 g e si scarta l’eccedenza.
- Sfruttando l’omogeneizzatore a piatto (vedi componente 1 in figura 1) si conferisce una forma sferica a ciascuna porzione di impasto.
- Le “palline” vengono quindi inserite nell’omogeneizzatore a cilindro (vedi componente 2 in figura 1) che conferisce una forma cilindrica alle singole porzioni di impasto.
- I provini di impasto così ottenuti vengono posti su appositi supporti ed inseriti nella cella di lievitazione (vedi componente 3 in figura 1).
- Trascorsi 45 minuti di riposo, i provini vengono estratti dalla cella di lievitazione e posti sullo strumento di misura (vedi componente 4 in figura 1), che li traziona sino a rottura, memorizzando i dati delle curve di ciascuno dei due provini.
Il test, tuttavia, non termina qui: dopo la prova di trazione, recuperando gli spezzoni dell’impasto, la procedura sopra descritta viene ripresa a partire dal punto quattro, per ulteriori due test, distanziati 45 minuti l’uno dall’altro.
Così facendo, nel suo complesso, la prova si sarà articolata come segue:
- Impasto
- Prima formatura dei provini
- 45 minuti di riposo in cella
- Prima prova di trazione dopo 45 minuti di riposo
- Recupero degli spezzoni di impasto e seconda formatura dei provini
- 45 minuti di riposo in cella
- Seconda prova di trazione dopo complessivi 90 minuti di riposo
- Recupero degli spezzoni di impasto e terza formatura dei provini
- 45 minuti di riposo in cella
- Terza prova di trazione dopo complessivi 135 minuti di riposo
Visto che per ciascun impasto vengono ottenuti due provini, si otterranno due curve per ogni prova, che si presenteranno come mostreremo di seguito nella figura 2.
Ma perché si svolgono ben 3 prove, intervallate da 45 minuti di riposo? Quali informazioni ci forniscono, e quali risultati dobbiamo considerare per caratterizzare la farina del nostro impasto? Proveremo a rispondere qui di seguito.
I risultati che si ottengono con l’estensografo di Brabender
Di tutte le prove che si svolgono nel laboratorio del molino, quella dell’estensografo è sicuramente la più difficile da interpretare, ma è anche la più aderente ai passaggi a cui vengono sottoposte le farine durante la preparazione dei prodotti da forno. Per questo, prima di addentrarci nell’analisi e nell’interpretazione dei risultati, descriveremo i principali valori che possiamo ottenere da questa prova.
L’Energia
È rappresentata dall’area sottesa dalla curva, evidenziata in rosa in figura 2, e si misura in centimetri quadrati. Questo valore è direttamente proporzionale alla forza totale necessaria per allungare il provino fino alla rottura.
La resistenza all’estensione
È rappresentata dalla misura dell’altezza della curva, espressa in Unità Brabender, in corrispondenza di uno spostamento di 5 cm, ed è direttamente proporzionale alla tenacità iniziale dell’impasto, ossia alla resistenza che questo oppone all’allungamento.
L’estensibilità
È rappresentata dalla misura della lunghezza della curva, espressa in mm, e fornisce un’indicazione circa l’estensibilità di un impasto, intesa come attitudine a sopportare un allungamento. È proporzionale allo spostamento del gancio, dal punto iniziale, sino al punto di rottura del provino.
Il rapporto
Viene calcolato come rapporto tra la resistenza e l’estensibilità e, come vedremo nel seguito, in combinazione con il valore dell’energia, può caratterizzare compiutamente il comportamento di un impasto.
Da cosa dipendono i risultati dell’estensografo?
Come nel caso del farinografo, anche i risultati dell’estensografo dipendono dalla quantità e dalla qualità del glutine naturalmente presente nella farina di grano tenero.
Mediante l’estensografo possiamo misurare la forza totale che la maglia glutinica dell’impasto oppone ad un’azione che tende ad allungarla fino a rottura. Questo valore rappresenta il dato dell’energia, ed intuitivamente ci fornisce un’indicazione di quanto glutine sia presente nell’impasto: più glutine sarà presente, maggiore sarà l’area sottesa dalla curva e maggiore sarà l’energia rilevata dallo strumento.
Spesso si paragona la maglia glutinica ad una gomma. Ebbene, così come esistono gomme più o meno tenaci, esistono anche maglie glutiniche più o meno tenaci e, per caratterizzare questo aspetto qualitativo del glutine, ci viene in aiuto il dato della resistenza all’estensione: glutini tenaci saranno contraddistinti da curve più strette e ripide, e presenteranno un elevato valore della resistenza all’estensione.
Un analogo ragionamento si può applicare al dato dell’estensibilità: glutini estensibili porteranno a curve più lunghe e schiacciate, con un elevato valore dell’estensibilità.
Come abbiamo fatto nei nostri precedenti articoli, nella seguente tabella mettiamo in correlazione la percentuale di proteine della farina (costituite per la maggior parte dal glutine), con il valore dell’energia rilevato dall’estensografo, ed alcuni esempi d’uso.
Attenzione però: lo stesso valore di energia può essere raggiunto da curve aventi rapporti diversi. Senza addentrarci in questo argomento, possiamo affermare che una farina ben bilanciata presenterà un rapporto tra resistenza ed estensibilità compreso tra 1,5 e 2,5.
L’interpretazione dei risultati della prova dell’estensografo
Nel nostro percorso di scoperta del laboratorio del molino abbiamo descritto la prova dell’alveografo di Chopin, che permette di determinare il W delle farine, dicendo che questo valore ci da indicazioni sulla capacità di una farina di sostenere una maggiore spinta ad opera dei gas che si sviluppano durante la lievitazione.
Successivamente, abbiamo descritto l’analisi del farinografo di Brabender, affermando che grazie a questa analisi è possibile stabilire l’idratazione ideale di un impasto, ed avere indicazioni circa i tempi di impastamento necessari per formare una maglia glutinica ideale.
Non abbiamo però ancora ricevuto risposte in merito a due importanti quesiti:
- Una volta terminato l’impasto, come possiamo caratterizzarne la lavorabilità?
- Qual è l’influenza dei tempi di riposo e lievitazione sulle caratteristiche dell’impasto?
La prima domanda riguarda da vicino la fase di formatura di un impasto, mentre la seconda è inerente alla fase di lievitazione.
Ebbene, il farinografo risponde ad entrambe queste domande in modo esaustivo! Vediamo come…
Lavorabilità degli impasti
Per rispondere alla prima domanda dobbiamo approfondire il concetto del rapporto.
Abbiamo già affermato che una farina ben bilanciata presenta un rapporto tra la resistenza e l’estensibilità compreso tra 1,5 e 2,5. Ma vediamo ora di dettagliare meglio questa scelta.
Poniamo di voler realizzare un pane di pasta dura, che prevede una bassa idratazione, e che viene sottoposto a lavorazioni piuttosto spinte, come la laminazione. In questo caso si dovranno preferire, a parità di energia, farine con rapporto molto basso, anche inferiore a 1,5. Valori più elevati di questo parametro porterebbero ad un’eccessiva tenacità dell’impasto, che porterebbe a strappi della maglia glutinica durante la lavorazione.
Se invece volessimo realizzare un pane Ciabatta molto idratato, ma che deve comunque mantenere una propria struttura, opteremmo per farine con rapporto più elevato, anche superiore a 2,5, poichè l’alta idratazione garantirà di per sé un’elevata elasticità all’impasto. Al contrario, un rapporto troppo basso porterebbe ad avere un impasto troppo rilassato che, una volta spezzato, non mantiene la forma.
Possiamo quindi fornire le due seguenti indicazioni:
- Per ricette ad alta idratazione, come ad esempio quella del pane Ciabatta, si possono utilizzare farine con rapporto nell’ordine di 2,5;
- Per ricette con bassa idratazione, come nel caso del pane di pasta dura, si devono preferire farine con rapporto molto basso, anche inferiore a 1,5.
Tempi di lievitazione
Abbiamo visto che la metodologia di prova prevede di testare ciascun provino per tre volte, sempre dopo una fase di formatura ed una successiva fase di 45 minuti di riposo.
Questa iteratività costituisce un unicum e fa sì che l’estensografo sia in grado di evidenziare l’influenza del lavoro meccanico di formatura in relazione al tempo di rilassamento di un impasto.
Ma veniamo al sodo. Per capire che cosa intendiamo con quest’ultima affermazione, pensiamo ad una ricetta come quella della pizza in teglia alla romana che prevede di praticare pieghe di rinforzo all’impasto. Le pieghe di rinforzo altro non sono che azioni meccaniche intervallate da periodi di rilassamento e, nelle idee di chi le pratica, devono portare, alla fine del processo, ad avere un impasto più tonico e plastico.
Ebbene, questa auspicabile reazione dell’impasto si otterrà soltanto se avremo utilizzato una farina il cui estensografo avrà evidenziato 3 curve “crescenti”, dopo 45, 90 e 135 minuti di riposo, proprio come mostriamo nella guida sottostante, disponibile per il download.
Indicativamente, questo comportamento caratterizza le farine con energia superiore a 100, è solitamente accompagnato da un aumento del rapporto, ed è diametralmente opposto ad un comportamento più “cedente”, tipico delle farine più deboli e con basso tenore proteico.
Possiamo quindi affermare che:
- Per ricette a lunghe lievitazioni e che prevedono lavorazioni successive, come ad esempio la pizza in teglia alla romana, o il panettone, è bene preferire farine con elevata energia, anche superiore a 130.
- Per metodi diretti e tempi di lievitazione rapidi e per tutte le preparazioni di biscotteria si devono preferire farine con energia inferiore a 90.
Guida al confronto di due diverse farine tramite l’estensogramma: L’analisi delle tre curve
Compila il modulo e riceverai una e-mail che ti permetterà di scaricare gratuitamente la nostra guida dettagliata in formato PDF su come si confrontano due diverse farine attraverso la lettura delle curve a 45, 90 e 135 minuti.
Ricapitolando
In questo articolo abbiamo descritto il metodo di analisi ed i principali risultati che possiamo ottenere con la prova dell’estensografo, cioè l’energia, la resistenza, l’estensibilità e il rapporto, ed abbiamo affermato che:
- L’estensografo consente di approfondire i valori analitici che caratterizzano due momenti fondamentali della gestione degli impasti dei prodotti da forno, ossia lievitazione e formatura;
- L’energia e il rapporto sono i due risultati più importanti della prova ed abbiamo fornito una correlazione tra l’energia e il tenore proteico della farina;
- Si possono stabilire delle linee guida per scegliere la migliore farina in base ai valori del rapporto e dell’energia, e le abbiamo brevemente riassunte;
- Una completa analisi dei dati dell’estensografo fornisce indicazioni in merito alla lavorabilità dell’impasto dopo la formatura, in relazione al tempo di rilassamento, come evidenziato nella guida disponibile per il download;
- I risultati di questa analisi dipendono essenzialmente dalla qualità e dalla quantità del glutine naturalmente presente nella farina, proprio come avviene per le prove dell’alveografo e del farinografo.
Ma il glutine non è l’unico elemento in grado di caratterizzare le farine dal punto di vista tecnologico, ecco perché il nostro viaggio nel laboratorio del molino deve proseguire alla scoperta del Falling Number.